Shiatsu News 60 - giugno-luglio 2018

31 n. 60 - Giugno 2018 r i f less ioni a latere Uscire dal paradigma della patogenesi La Ricerca sull’identità dell’operatore shiatsu del Laboratorio Paracelso dell’Università di Ferrara e il Convegno “Quale ruolo per la persona in cura? Relazioni di cura, innovazione digitale e cura di sé nel continuum di salute” di Giuseppe Montanini N el nostro modo ordinario di pensare il con- cetto di cura è legato al modello patogene- tico: curare significa studiare le cause del- le malattie e guarirle. Molte delle nostre difficoltà come operatori shiatsu, derivano proprio da questo modello; difficoltà con i nostri pazienti/riceventi/ clienti, difficoltà con le istituzioni, difficoltà con le altre figure professionali, sanitarie e non, e anche difficoltà al nostro interno, per comunicare chi sia- mo e cosa facciamo. In sostanza le persone si rivolgono a noi in quanto vogliono essere “curate” e noi dobbiamo spiegare che non curiamo, che non siamo figura sanitarie, etc e la conclusione è sempre: ma allora cosa fate? Tutto questo deriva, come detto, dall’imperante modello patogenetico che vede la cura solo come studio e cura delle cause delle malattie. Noi in que- sta visione non ci possiamo rientrare, perché non conosciamo le patologie, non le studiamo e non le curiamo. In realtà molto spesso anche noi sia- mo influenzati da questo modello che dà della cura una visione così limitata; ci sentiamo allora in una posizione ambigua, non chiara, ci sembra di dover nascondere quello che facciamo o non sappiamo come spiegarlo. Tutto questo genera insicurezza e ansia. Se rimaniamo nell’ambito di questo para- digma patogenetico tutto questo è inevitabile. C’è un POSTO che aspetta l’OPERATORE SHIATSU nel mondo della CURA, OCCUPIAMOLO! Ma non solo se ne può uscire, ma se ne deve uscire. Nell’ambito della cura, da molti anni, ormai (al- meno settanta), si è proposto il paradigma della salutogenesi, cioè dei fattori che generano salute. Oggi in particolare si pone l’accento sul continu- um di cura che comprende in sé sia i processi pato- genetici che quelli salutogenetici. Secondo questa visione, nella cura devono intervenire sia i profes- sionisti sanitari che contrastano specificamente i processi degenerativi, patologici e inabilitanti, sia i professionisti che favorscono i processi ricostrutti- vi, rigenerativi e adattivi, ossia salutogenetici (per utilizzare una terminologia del Prof. Ingrosso che ha ripreso il concetto da A. Antonowski). La persona in cura non può essere solo un soggetto passivo, destinatario degli interventi delle figura sanitarie specialiste in patogenesi, ma deve diven- tare protagonista della cura, assistito e sostenuto dall’opera degli specialisti nella salutogenesi. Le parole usate dai medici, sociologi, antropolo- gi e psicologi che studiano e operano in questo ambito di cura sono ad esempio: “engagement” – il paziente deve essere “ingaggiato” per diven- tare attore del processo di cura, “empowerment”, “co-produzione dei processi di cura”, “cura di sé”, “osservazione di sé” – tutte parole che rimandano all’esigenza che il paziente-persona in cura ven- ga stimolato ad acquisire consapevolezza di sé, ad avere il controllo sulle proprie scelte, decisioni e azioni, ad osservarsi e a prendersi cura di sé per rafforzare il suo potenziale di salute e la sua “resi- lienza” – intesa come esigenza di rafforzare nella persona la capacità di affrontare i cambiamenti e gli eventi traumatici, traendone maggiore forza e facendoli divenire occasioni di evoluzione positi- va. Pensare in termini di compresenza di processi di ordine e disordine, di dinamiche equilibranti e disequilibranti, porta a formulare concetti come quelli di “continuum di cura” (formulato da In- grosso) e “Health-disease continuum” (concetto introdotto da A. Antonowsky che per primo ha ela- borato queste nuove idee circa la promozione della salute): tali concetti evidenziano una combinazio- ne tra lo stato di salute e lo stato di malattia che, divisi da un confine effettivamente labile, vengono

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